Manzini Food Design

Agricoltura, Cibo e Design: Ezio Manzini – seconda parte

In vista dell’evento “INCONTRI COLLABORATIVI. Luoghi e comunità in un mondo fluido” – che avrà luogo domani 3 ottobre 2015, presso la sede del collettivo di ricerca Rural Hub – pubblichiamo qui di seguito la seconda parte dell’estratto, liberamente tradotto, dal contributo di Ezio Manzini, Agriculture, Food and Design: New Food Networks for a Distributed Economy (in TAILORINGBIOTECHNOLOGIES, Vol. 1, Issue 2, Nov. 2005, pp: 65-80).


L’articolazione del sistema agro-alimentare

Il sistema agro-alimentare contemporaneo può essere descritto come una realtà stratificata, un macro-sistema in cui coesistono diverse filosofie agricole e culture alimentari. Ci concentreremo su cinque sottocategorie.

  • Sistema tradizionale. Questo sistema, per come oggi si presenta, non pone questioni che pertengano al design.
  • Agro-business classico. È un sistema agroalimentare organizzato secondo formule d’industrializzazione arcaiche. Prevede produzione in serie e consumo di massa, imprese agricole e allevatori che definiamo industrializzati perché utilizzano sistemi meccanizzati, ‘chimicizzati’ e, più recentemente, ‘bio-tecnologizzati’. Risulta dominante nel settore agricolo dei paesi industrializzati e, considerando le dinamiche in atto, anche in quelli non ancora industrializzati.
  • Agro-business esperienziale. Con l’emergere di questa visione sono emerse anche nuove richieste: design legato all’identità del prodotto, luogo di origine, nuova concezione di vendita e ristorazione – anche in relazione alla progettazione ex-novo di prodotti alimentari ‘disegnati per’, destinati all’esperienza.
  • Agro-business avanzato. Si tratta del sistema agroalimentare contemporaneo che scommette su soluzioni tecnologiche per i fare fronte ai crescenti problemi ambientali e sociali. Cerca di rispondere a livello industriale alla grande richiesta di prodotti alimentari biologici. Comporta l’applicazione estesa di metodi di coltivazione biologici e biodinamici, e l’uso di tecnologie avanzate per i sistemi minimi di trasformazione dei prodotti alimentari (DOP e IGP).
  • Social experimentation. Questo è la dimensione più recente e dinamica del sistema agroalimentare, e il suo futuro è ancora poco chiaro. Al di là delle dinamiche principali che lo animano, come la diffusione delle reti e la battaglia a sostegno di i prodotti alimentari “naturali” – concerne, più in generale, la ricerca di soluzioni sostenibili. Fatta eccezione per alcuni casi, questi esperimenti sociali non hanno ancora espresso una chiara ed esplicita necessità di design.

Vorrei ora descrivere più in dettaglio il ruolo che il design può svolgere nei due settori più recenti del sistema agro-alimentare: l’agro-business e la sperimentazione sociale.

 

Agro-business esperienziale e food design

L’ agro-business esperienziale è il modo in cui i servizi emergenti e l’economia dell’esperienza (Pine & Gilmore, 1999; Jordan, 2000) stanno prendendo forma all’interno del sistema agroalimentare convenzionale (industriale).

Prerogativa di questo fenomeno è l’importanza attribuita alla diversità dei prodotti e ai luoghi di produzione. Questo implica un’inversione di tendenza rispetto alla politica di standardizzazione (offerta e imposta) dal modello industriale classico, e questo è senza dubbio un aspetto positivo. Tuttavia, questo potenziale cambiamento positivo è stato più che compensato da una serie di implicazioni negative che possono essere riassunte nel concetto di ‘spettacolarizzazione del cibo e dell’agricoltura‘. Questa dimensione ‘spettacolare’ tende a restituire immagini vuote.

In assenza di una profonda riflessione sull’identità di luoghi, comunità e i loro prodotti (e in assenza di sensibilità verso l’uso sostenibile delle risorse – fisiche e sociali), l’ economia dei servizi ci porta a trattare cibo, comunità e identità locale come se fossero essi stessi prodotti da promuovere e consumare. Il risultato è che i prodotti tipici vengono trasformati in marchi commerciali, e le comunità di produzione si mutano in parchi a tema. Inoltre, qualsiasi autentico interesse pubblico è ridotto a una dimensione edonistica (vedasi la maggior parte dei programmi televisivi sull’argomento, che sono concepiti come un sorta di pornografia del cibo).

Slow Food

Queste dinamiche, come l’interesse verso il loro esordio e le loro sconfortanti conseguenze pratiche, sono controbilanciati dalle attività straordinarie di Slow Food. I ‘presidi Slow Food’ sono organizzazioni locali sparse in tutta Italia che mirano a proteggere i prodotti locali. Pensiamo a Slow-Food come un ‘designer’: si tratta dell’esempio più positivo di design strategico, di progettazione di servizi e di design esperienziale oggi applicato al mondo agricolo e al cibo.

 

Sperimentazione sociale e società multi-locale

La questione è già stata introdotta in un paragrafo precedente: la diffusione dei sistemi di rete, la diffusa domanda di generi alimentari ‘naturali’ e la ricerca di soluzioni sostenibili hanno dato origine a nuovi modi di pensare e di agire. Sia sul lato della domanda che dell’offerta.

Consideriamo, in particolare, le implicazioni della diffusione della rete di organizzazioni di cui tanto si è parlato negli ultimi anni. Il fenomeno ha portato a un enorme aumento della connettività (vale a dire il numero d’interazioni significative possibile). A sua volta, l’elevato livello di connettività raggiunto è servito come piattaforma di supporto per nuove forme di organizzazione in cui la rete non è solo un’infrastruttura tecnica, ma diventa anche un potente, nuovo modello di organizzazione che rompe le gerarchie verticali generandone di orizzontali, senza intermediari: si tratta potenzialmente di soluzioni peer-to-peer.

La diffusione di Internet ha promosso idee ‘generative’ capaci di connettere utenti anche fisicamente molto distanti: ci riferiamo in particolare a network economy, sistemi open source e organizzazioni peer-to-peer (Stalder e Hirsh, 2002; Cottam e Leadbeater, 2004).

Può tutto questo essere trasferito nel sistema agroalimentare?

Cosa intendiamo con l’espressione ‘food-network’?

Questa domanda non ha ancora una definizione chiara e dettagliata. Tuttavia alcune risposte parziali sono già emerse nell’ambito della sperimentazione sociale.

Consideriamo attività come i gruppi di acquisto fairtrade, i mercati biologici nelle città, le nuove relazioni produttore/consumatori (penso anche a campagne come ‘Adotta un albero’ o ‘abbonamenti vegetali’): queste esperienze ci insegnano che relazioni più giuste tra produttori e consumatori sono possibili, perfino quando questi attori sono lontani tra loro.

Peraltro, da queste prassi, emerge una nuova visione del sistema agro-alimentare (e forse anche una nuova visione del mondo). Ciò che ci troviamo davanti è l’immagine di un sistema multi-locale, un ‘mondo’ dotato di una vasta varietà di luoghi e comunità; comunità con identità individuali, aperte e ben disposte verso l’esterno, a contatto con altre comunità locali, quando serve; proprio come nelle organizzazioni peer to peer su Internet.

Ci troviamo di fronte a un sistema multi-locale basato su un’economia di rete, un sistema in cui il numero di nodi e di collegamenti disponibili è più importante dei nodi stessi, e dove le conoscenze di base (il conoscere il cibo e la sua produzione) sono un bene comune accessibile alle comunità – naturalmente entro i limiti dell’uso sostenibile, come per un qualsiasi altro bene comune.

In breve, stiamo immaginando un sistema multi-locale in grado di guidare lo sviluppo di tecnologie avanzate nel settore agro-business molto più orientate alla sostenibilità (Manzini, 2004a, 2004b Manzini; Distributed Economy Labs, 2005).

 

Design strategico e nuovi food networks

A mio parere, il sistema agro-alimentare si presta a essere riorganizzato; eventualmente anche dal basso verso l’alto, come forma di autorganizzazione sociale.

Tuttavia, anche i designer possono partecipare a questo processo virtuoso. Possono portare le loro competenze specifiche al fine di costruire una comunità, per migliorarne la visibilità, per rendere i canali di comunicazione più fluidi, per consentire la creazione di piattaforme che facilitino diffusione ed efficacia delle attività.

Portando le loro competenze nel campo del design esperienziale, gli specialisti del design potrebbero contribuire allo sviluppo di reti alimentari che tengano da conto l’estetica e le qualità sensoriali, ma evitando ogni tendenza alla spettacolarizzazione.

Perché l’estetica e la percezione sensoriale sono dimensioni fondamentali in qualsiasi relazione umana, e lo sono tanto più se l’oggetto è basilare, fondativo e importante come il cibo.

[vai alla prima parte dell’articolo]

 

 

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