Jairo Restrepo Rivera

Agricoltura Organica Rigenerativa, una nuova relazione con la terra e la società

L’agricoltura è l’agricoltura. È l’assunto più forte che abbia sentito negli ultimi trent’anni, caratterizzati dall’affermazione di molteplici “etichette” apposte alla produzione agricola: da quella biologica alla permacoltura, alla biodinamica, alla idroponica, alla sinergica. L’ho sentito pronunciare da Jairo Restrepo Rivera, un campesino colombiano che ho amato fin da questa prima affermazione, in un incontro organizzato da Rural Hub con DEAFAL ONG. Jairo si definisce campesino pur avendo quasi tre lauree, un’avventurosa gioventù alle spalle, e una forte diffidenza per il mondo accademico e consulenziale.

Agricoltura “naturale”, che cosa vuol dire?

La parola che ricorre più spesso in agricoltura, negli ultimi anni, è “naturale”, un’etichetta riferita a pratiche ma anche a materie prime, ingredienti e ammendanti. “Naturale” è un attributo con un indubbia forza comunicativa, ma andrebbe chiarito, esplicitato perché da solo non definisce, anzi rischia di fuorviare chi voglia approfondire come viene prodotto ciò che mangiamo.

 

In agricoltura non c’è nulla di “naturale”. L’atto di potare una vigna, scegliere una coltura ricorrente, raccogliere i frutti, fermentare birre, cuocere marmellate, lievitare il pane, prevede sempre un intervento umano, anzi sono attività “inventate” dall’uomo. La natura non ha previsto nulla di tutto ciò e la logica della natura non prevede l’addomesticamento delle colture: infatti, l’intervento umano genera sempre un impatto, così come l’agricoltura genera un impatto. Coltivando la terra per produrre cibo la “impoveriamo” in qualche misura e dobbiamo trovare sempre il modo di “aggiungere” ciò che sottraiamo. Ma, ovviamente, ciò che fa la differenza è la modalità con la quale integriamo i micro e macro elementi sottratti.

 

Il modello di agricoltura che si è affermato a partire dalla Rivoluzione Verde, nel corso del secolo scorso, ha previsto l’uso massiccio della chimica per integrare minerali nei suoli, generando un effetto dopante il cui unico fine era aumentare le rese, secondo alcuni per generare maggiori profitti, per altri con l’obiettivo di risolvere il problema della fame nel mondo. L’effetto collaterale è stato di avvelenare i nostri suoli, impoverire i contadini e produrre alimenti di minor qualità, sempre meno sicuri. La responsabilità è di tutti: dei produttori che hanno accantonato secoli di sapienza contadina, delle aziende che hanno costruito fortune senza preoccuparsi dell’ambiente né della salute umana, dei consumatori. Questi ultimi non avvertono il peso di questa responsabilità, ma dovrebbero dal momento che, come scriveva Wendell Berry, mangiare è un atto agricolo” e scegliere cosa mangiare influisce in modo significativo sull’intero sistema produttivo. I consumatori, in verità, hanno diverse attenuanti: la scelta non è mai veramente libera, ma ciò attiene agli squilibri della catena del valore.
È necessario un ripensamento produttivo radicale e l’Agricoltura Organica Rigenerativa è un approccio convincente.

Agricoltura Organica Rigenerativa, una rivoluzione necessaria

L’agricoltura organica non è uno strumento di trasformazione tecnologica, non è un’alternativa, è la necessità di cambiare la relazione che abbiamo con la terra e con la società. (Jairo Restrepo Rivera)

Secondo questa disciplina il principio base della buona agricoltura è unico, si basa sulla fertilità dei suoli e sulle conoscenze chimiche e biologiche che abbiamo costruito negli ultimi duecento anni. Quando coltiviamo in monocoltura creiamo un deficit minerale spinto, mentre il modello che dovremmo seguire e cercare di riprodurre è quello del bosco, avendo come riferimento la geodiversità, ancor più della biodiversità: più “diverso” è il sottosuolo più gli alimenti sono in armonia e più le piante sono sane.

 

Una carenza nutrizionale, risultante da uno squilibrio nella quantità di macro e micronutrienti, può causare infatti cambiamenti nel metabolismo della pianta provocando lo stato di proteolisi tissutale, in cui i parassiti forniscono le sostanze solubili necessari per la nutrizione, così come enunciato da Chaboussou nel 1969 nella sua teoria della Trofobiosi, e le piante si lasciano avvolgere da un rapporto simbiotico. Per vivere gli organismi viventi hanno necessità di costruire proteine (proteosintesi) e i mattoni utilizzati sono amminoacidi ricavati da altre proteine (proteolisi). Alcuni esseri viventi, come l’uomo o le piante, sono molto efficienti nello svolgere entrambe le funzioni, ma altri, come per esempio la mosca dell’ulivo, non sono in grado di realizzare la proteolisi e sono alla continua ricerca di amminoacidi liberi (mattoni necessari alla costruzione) e zuccheri (energia libera). Se alla pianta mancano questi mattoni si crea un meccanismo simbiotico con gli insetti e i parassiti che, demolendo le riserve della pianta stessa, li rendono disponibili.

 

In pratica, se abbiamo uno squilibrio minerale nel suolo, l’uso di concimi minerali solubili e, in generale, dei veleni (pesticidi, insetticidi, erbicidi, fertilizzanti, fungicidi, acaricidi, preparati KPN) interferisce nel processo di proteosintesi e nel metabolismo dei carboidrati, provocando l’accumulo nella pianta di amminoacidi e zuccheri nei tessuti, rendendoli più attraenti per parassiti e malattie. Quando una pianta si arricchisce di amminoacidi e zuccheri liberi, si modifica il comportamento degli insetti.

 

C’è uno stretto legame tra la disponibilità di minerali, l’attività enzimatica, il comportamento di insetti e parassiti, e la presenza di piante infestanti. I minerali influenzano l’attività enzimatica: il boro agisce sull’invertasi, la perossidasi e la catalasi; lo zinco sull’ossidasi, perossidasi e catalasi; il rame sull’invertasi e la catalasi; lo iodio sull’invertasi, la perossidasi e la catalasi. I pesticidi, a loro volta, producono deficienze minerali a seconda del principio attivo: la poltiglia bordolese, ad esempio, che ha il rame come principio attivo, provoca una deficienza indotta di ferro, manganese, molibdeno e zinco; gli organofosfati (principio attivo il fosforo) provocano invece una deficienza indotta di boro, ferro, manganese, zolfo e zinco. È stato addirittura trovato un nesso tra la deficienza di un certo minerale e le malattie: una deficienza di boro nella coltivazione di cavolfiore provoca botrytis, la deficienza di calcio in diverse colture provoca l’insorgenza della cocciniglia, e così via. La presenza di alcune infestanti funge da indicatore di mancanza o eccesso minerale.

 

Si postula in questo modo un diverso paradigma: se nutriamo il suolo in maniera equilibrata e generiamo un equilibrio nutrizionale della pianta, essa sarà meno attraente per insetti, afidi e parassiti. Al contrario, impoverendo il suolo e integrando le necessità minerali con dosi massicce soprattutto di azoto, fosforo e potassio attraverso l’uso dei pesticidi provochiamo uno squilibrio che attirerà insetti e parassiti in misura ancora maggiore. I veleni rappresentano il primo elemento che rompe lo stato di armonia, ma altri elementi sono la nutrizione, i fertilizzanti azotati e la proporzione tra potassio, fosforo e azoto.

 

L’Agricoltura Organica Rigenerativa si prefigge di rigenerare i suoli, mantenendone la fertilità con la combinazione di pratiche tradizionali con moderne conoscenze scientifiche. A tale scopo prevede l’uso di biofertilizzanti e ingredienti naturali che vanno dal letame al carbone, alla calce, alla cenere, alla lettiera di bosco, alla paglia, ai minerali (zolfo, rame, boro, magnesio, zinco, ecc…), che sono generati all’interno stesso di un’azienda agricola o sono liberamente disponibili in natura. Gli scarti delle lavorazioni non sono trattati come rifiuti speciali da smaltire, bensì come ingredienti per fertilizzare i terreni; i resti delle potature sono trasformati con la pirolisi in carbone, le deiezioni animali costituiscono una importante fonte di azoto e di microrganismi, la polvere di roccia o la cenere costituiscono la fonte dei minerali, la lettiera del bosco aiuta per l’efficienza della degradazione della sostanza organica.

 

L’approccio è scientifico e prevede una iniziale analisi chimica dei suoli, dei semi e un’osservazione delle pratiche tradizionali. Non sono previste derive esoteriche e alchemiche, energetiche e dinamizzanti, che potrebbero anche avere in futuro una qualche spiegazione, ma che al momento non c’è e, soprattutto, non serve. L’esperienza è ritenuta una un elemento di arricchimento della conoscenza, tenendo sempre ben presente che la tradizione è un’innovazione ben riuscita.

 

Rural Hub ha promosso il corso di Agricoltura Organica Rigenerativa tenuto da Jairo Restrepo Rivera e organizzato da Deafal ONG assieme alla #Cumparete e alla Cooperativa Agricola Nuova Cilento nel mese di febbraio 2015 a San Mauro Cilento. Questa sera inauguriamo, sempre con la Deafal, un imperdibile workshop incentrato sulla filiera cerealicola, in occasione di Campdigrano 2015.

 

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Per saperne di più: info@ruralhub.it

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