Babasissoko

#CampdiGrano: Baba Sissoko – il Griot Contadino

Venerdì 15 luglio ci sarà una giornata speciale a #CampDiGrano. Una giornata dove i semi autoctoni saranno non solo semi antichi, ma soprattutto semi del futuro. I semi saranno, infatti, il mediatore che servirà a stringere un patto di “cumparaggio” che vuole allargare e rafforzare la rete delle comunità del grano. Ciascun membro della #Cumparete presenterà altri membri in un rituale che vedrà la consegna dei semi autoctoni al centro di un rito finalizzato alla crezione di legami autentici, duraturi, fatti di relazione e di prossimità.

Nella social network theory si parla di bounding (quando si devono afforzare i legami interni alla comunità) o di bridging (quando si vuola allargare la comunità ). Nel nostro caso parliamo di #cumparaggio, un rito che forse contiene e supera tutte due questi momenti. Un anticorpo necessario per narrare qualcosa che per funzionare non deve essere normato, è solo un originale Griot. Ed abbiamo avuto la fortuna di incontrare sul nostro cammino un Griot contadino: il grande artista Baba Sissoko.

Chi è il griot?

Si può capire chi è un Griot in diversi modi. Io, Baba, parlo per quanto riguarda la mia famiglia, ma parlo anche per tutti i griots del mondo. Griot, in Bambara (la lingua del mio paese, il Mali) si dice Djeliya che significa, appunto, l’umanità; Djeliya significa anche nobiltà e significa “colui che ha il dono della parola“.

Perché si dice che il griot sia una biblioteca naturale?

Il griot è una persona estremamente intelligente, in tutti i sensi. Il Djeli (il griot) è la forza della famiglia; quella forza che c’è quando ci sono rispetto, comprensione e unione.

Il compito del griot è quello di riconciliare gli animi e i cuori.

In caso di guerra lui riesce a calmare gli spiriti, combina i matrimoni, è l’uomo di fiducia di re e generali, educa i bambini.

Qui di seguito un’intervista fatta ad uno degli avi di Baba che chiarisce il suo ruolo nella comunità e, quindi, il perché della nostra scelta.

INTERVISTA A DJELI BABA SISSOKO.

Malinet: padre tu chi sei?

Djèli Baba: He! Io sono Djèli Baba, il nostro djèliya prima che ci chiamino djèli, nei tempi passati ci chiamavano Niamakala, essere Djèli vuol dire essere prima Niamakala.

Malinet: Che significa essere un Niamakala tra noi?

Djèli Baba: Unire le genti perché si capiscano. Legarle, cosa significa da noi in lingua bamanan? Nel linguaggio corrente, terra (niamma I kA U kala = aiutami a cucirle). Parlare in modo che la gente si capisca, che non ci siano controversie. Questo significa essere Niamakala. Chiunque chieda o solleciti favori è chiamato djèli, ma non tutti possono essere Niamakala.

Malinet: Che significa inoltre essere Niamakala?

Djeli Baba: Quando due persone hanno una controversia, il Niamakala interviene per porvi fine. Quando due sposi litigano, il Niamakala interviene a metter fine alla disputa e il matrimonio ridiventa gradevole. Quando il padre e i suoi figli hanno una controversia, noi interveniamo per riappacificarli ed il legame padre e figli si riconsolida. Quando una madre e sua figlia litigano, noi interveniamo per porre fine e il legame si riforma. Quando due parenti litigano, il Namakala interviene a metter fine alla controversia e la parentela si rafforzerà. Quando due vicini hanno una controversia, noi interveniamo per mettervi fine, e la convivenza diviene migliore. Quando due villaggi discutono, si mandano a chiamare i due Niamakala dei villaggi in conflitto. Noi interveniamo, quindi, per mettervi fine, e l’intesa si ristabilirà tra questi due villaggi.

Siamo noi che siamo chiamati Niamakala. Intervenire per mettere pace nei conflitti.

Malinet: Com’è  iniziato il Djèliya?

Djèli Baba: Djeliya è cominciato con i Niamakalaya. Quelli che cantano noi li chiamiamo djèli.  L’atto di essere djèli per poi diventa un djèliya può essere realizzato da chiunque.

I Traore possono fare questo.

I Keita possono fare questo.

Chiunque parla molto, che canta, da noi, viene chiamato djèli.

Djèliya e Niamakala sono due atti differenti. Il djeli è questo, il Niamakala no.

Io sono un Niamakala, io sono Djèli Baba. Non vado in giro per il paese, per andare tra la gente a parlare. Se mi chiamano per un incarico, io vado ad eseguire il compito. Ci chiamano Niamakala, e noi viviamo di queste azioni riconosciute dalla società.

Malinet: Ci sono dei nomi familiari che sono legati all’origine dei Niamakala?

Djèli Baba: I nomi che sono all’origine dei Niamakala, sono rari, rarissimi, tuttavia, se ne trovano in tutte le etnie. Niamakala significa unire le genti affinchè si intendano meglio, riconciliare quelli che hanno una controversia.

I djèli elogiano tutti, cantano per tutti e chiedono in compenso del denaro. Io Djèli Baba vivo in questa città, Bamako, mi chiamano Djèni Baba, io non sono djèli, racconto fiabe o fatti per il piacere della gente. Io suono con il mio N’Goni (specie di chitarra), racconto fiabe o fatti, mi chiamano Niamakala. Noi facciamo visita ai grandi uomini, alle persone rispettabili, quelli che hanno saputo riconciliare le genti. Parlare per riconciliare la gente, questo è il Niamakalaya. Lo djèli è una derivazione del Niamakala, la djèliya non è privilegio di una etnia, chiunque può diventare djèni.

Malinet: Da dove vieni tu?

Djèli Baba: Io sono Djèli Baba, vengo da Nioro, il mio villaggio è Djoumara. Sono venuto giovane a Bamako, mi sono sposato qui ed ho avuto dei figli. Nioro è una città del Mali, è la mia capitale. Io sono nato a Sanamkoro-Djoumara. Ci sono molte specie di Niomakala, ci sono dei fabbri, dei calzolai, etc. Il calzolaio lavora il cuoio, il fabbro lavora il ferro, i Niamakara combinano i matrimoni dei nobili, portano la sposa nella sua nuova famiglia, chiedendo ai componenti di considerarla come membro della famiglia.Voglio aggiungere, si nasce Niamakala. Io Djèli Baba, ho ereditato ciò da mio padre, mio padre l’ha ereditato dal suo, e la nostra ascendenza. Quando tuo padre fa un buon lavoro, e tu lo continui, tu hai seguito la stirpe. La nostra stirpe è la ragione della nostra Niamakalaya.

Sto alla ORTM, parlo alla radio ogni lunedì sera. Sono qui oggi, vi saluto tutti  in ogni parte del mondo, sia che siate bianchi o neri, io voglio che tutti siano uniti perché noi veniamo tutti dagli stessi padre e madre, Adamo ed Eva. Il bianco non è superiore al nero ed il nero non è superiore al bianco. Abbiamo la stessa anima, lo stesso sangue. Saluto tutti sia di pelle nera che bianca. 

Ti aspettiamo, insieme ai “cumpari” di Caselle in Pittari, dal 10 al 17 Luglio a#Campdigrano2016: “Anticorpi per la Sharing Economy”.

Il programma di quest’anno: http://www.paliodelgrano.it/campdigrano/programma-2016/

Per saperne di più: http://www.paliodelgrano.it/campdigrano/2016/06/03/anticorpi-la-sharing-economy/

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