Terra dei Fuochi o Campania Felix? Costruzione di un disastro preannunciato
A 20 anni dall’inizio di quello che è il caso “terra dei fuochi” sembra opportuno fare un quadro della situazione per valutare l’impatto dell’informazione mass-mediata sul comparto agricolo campano.
L’11 febbraio 1994 scoppiava l’emergenza rifiuti in Campania, iniziava l’epoca dei commissari speciali preposti alla gestione del problema rifiuti. Iniziava a delinearsi il piano per risolvere il problema, un piano riscritto più volte che a visto il modificarsi in corso d’opera dei parametri e dei riferimenti normativi. L’obiettivo era la costruzione di due inceneritori di rifiuti e sette impianti di stoccaggio CDR. Per realizzare queste opere sarebbero state quindi effettuate le gare d’appalto.
Il primo tema che emergeva riguardava la localizzazione degli impianti e dei loro impatti ambientali. Dalla Commissione Europea però arrivava una doccia fredda, una denuncia nei riguardi dell’Italia per non osservanza delle norme riguardanti la valutazione dell’impatto ambientale e la gestione della questione rifiuti. Tra le opere da realizzare quella che suscitava maggiore perplessità era l’inceneritore di Acerra.
Il 29 agosto 2004 veniva posta la prima pietra di questa opera, momento che coincideva con l’inizio delle proteste cittadine. 30.000 persone provenienti anche da Napoli e provincia manifestarono contro questa scelta calata dall’alto. Dal 2004 l’immondizia diviene cuore dell’agenda politica, dei media e dell’opinione pubblica: in Irpinia, nel Sannio, nell’Agro Aversano, ovunque ci sia una discarica o un incendio incontrollato iniziano le battaglie per un territorio sano ed incontaminato con mobilitazioni spontanee e diffuse contro la devastazione del territorio. Nei talk show si inizia a parlare della sindrome NIMBY. Quello che non emergeva in modo chiaro dal racconto dei mass media era il motivo per cui le strade campane fossero sommerse di rifiuti è perché le ditte che avrebbero dovuto ritirarli non lo facevano. La comunità locale di Acerra ipotizzava che la pubblicizzazione mass-mediatica dell’emergenza rifiuti non fosse altro che parte di una grande operazione di marketing che era tesa a giustificare la costruzione dell’ inceneritore e delle altre operazioni legate all’emergenza rifiuti.
Arrivando ai giorni nostri sono diversi i comitati che discutono e propongono forme di protesta volte alla conoscenza di quello che è l’ipotetico futuro designato per queste terre luogo che fu Campania Felix e meglio note con il brand “Terra dei Fochi” così come la pagina facebook che ha messo in condivisione foto e video testimonianze dei frequenti roghi abusivi visibili nell’ampia piana campana.
Il “terrore diffuso” porta le aziende di trasformazione a dichiarare che nei loro prodotti non sono utilizzati prodotti di queste zone, non curanti che buona parte dei prodotti agro-alimentari quotidianamente consumati ha provenienze non sempre valutabili. “Terra dei fuochi” diventa un marchio di denominazione d’origine. Nascono però interessanti progetti di innovazione agricola che operano in direzione opposta, come il progetto NCO promosso da Peppe Pagano:
“il Nuovo Commercio Organizzato trasforma quei luoghi una volta simboli di violenza e di sopraffazione a luoghi simbolo di riscatto e Legalità grazie alla collaborazione tra le istituzioni e tutte le realtà sociali del territorio”.
L’iniziativa “Facciamo un Pacco alla Camorra” è sicuramente la più nota e di successo, potremmo definirla una contro-comunicazione a favore del cibo campano e che sbeffeggia la malavita. Il trend è in crescita, la Regione è consapevole che il comparto agricolo in Campania è importante sia dal punto di vista sociale che economico poiché molti sono gli impiegati in agricoltura. Da questa consapevolezza nasce il programma compriAMO campano, che attraverso il campionamento e l’analisi dell’Istituto Zooprofilattico di Portici dei territori ne certifica la salubrità.
Nascono diversi progetti a tutela del territorio come quello di un gruppo di Agricoltori di Acerra, proprio dove la storia ebbe inizio, che rivendicano il ruolo di “custodi del territorio”. Così nasce l’Associazione Ari.amo, obiettivo comune è quello di conoscere e farsi conoscere, dialogare con le persone e veicolare una realtà alla quale i media non prestano ancora la meritata attenzione. Il successo di tante iniziative di distribuzione dal produttore al consumatore stanno dimostrando alle aziende di trasformazione che “non si può fare di tutta l’erba un fascio” e che bisogna avere fiducia nella qualità del prodotto agricolo Campano di provenienza garantita.
Le istituzioni e i comitati scientifici affermano che solo il 2% dei terreni campani è interessato da problematiche di inquinamento gravi per la salute e che oggi più che mai c’è un’attenzione alta in riferimento alla salubrità degli alimenti in Campania, molto più che in tutte le altre Regioni di Italia (indagine del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali).
Quale futuro per l’agricoltura in Campania? Si tornerà ad usare l’appellativo “Campania felix” per descrivere la zona agricola che dal Volturno arriva al fiume Sele? Noi ci crediamo.
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